La fotocellula rileva la mia presenza e le porte a vetri si aprono. Il freddo nell'androne indietreggia un istante, prima di essere lasciato fuori come un ospite sgradito.
L'ambiente è gradevolmente riscaldato, devo togliermi la sciarpa per non soffrire il caldo. Lo faccio in fretta, mentre mi muovo tra gli scaffali: non ho tempo da perdere, voglio tornare a casa, e la biblioteca chiuderà fra poco più di un'ora.
Il mio tempo, voglio dedicarlo alla selezione accurata di questo mese.
Di solito, se c'è un libro che desidero in particolare, mi dirigo direttamente alla sezione che mi interessa, ma oggi non è una di quelle volte.
Gironzolo aspettando che uno di loro mi chiami.
Ne prendo sempre in prestito tre alla volta, il numero perfetto da far fuori in un mese, impegni accademici permettendo. Uno è quasi sempre un giallo, di Poirot, possibilmente; nella mia mente caotica l'ordinato e metodico ometto coi baffi è un simpatico, rilassante appuntamento mensile che scioglie, di solito, la tensione che altri libri potrebbero generare. Il suo procedere elegante nelle indagini porta sempre a risultati succosi: so che almeno un libro dei tre non mi deluderà.
Nello scaffale in evidenza "la Civica consiglia", trovo un titolo che avevo già notato prima delle vacanze estive, "La sorella di Mozart". Copertina caruccia, lo prendo. Troppa superficialità? Forse. Lo saprò dire. Fuori uno.
Letteratura americana. Ken Follet, "La caduta dei giganti". Me ne ha parlato bene una collega, giorni fa. Leggo in quarta di copertina "…ai tempi di Giorgio V…" e lo lancio subito indietro al suo posto. Non ho voglia di impelagarmi nelle trame di Follet, di cui ho letto qualcos'altro e per apprezzare il quale devo essere nello spirito giusto. Non sei tu, ritenta, sarai più fortunato. Passo oltre.
Stephen King. Un bell'horror dei suoi non sarebbe male, questo mese. Potrei approfittarne per prendere "Shining", è una vita che vorrei leggerlo. C'è solo in inglese. Ancora meglio, ma sono stanca e anche se so che domani è un altro giorno, il torpore mi fa desistere. Tuttavia prometto al libro consunto, con voce profonda da film in bianco e nero, che tornerò a prenderlo, un giorno. Passo oltre.
Scaffale ad altezza d'occhio, cosa vedo! "Quel che resta del giorno", ma è sulla Lista! Lo agguanto con uno scatto felino: è mio. C'è Anthony Hopkins in copertina, wow. Fuori due.
Toccherebbe allo scaffale della Christie, ma mentre gli corro incontro a braccia aperte, libri in braccio, in stile pubblicità al rallentatore, mi ricordo della recensione a cinque stelline che ho letto sul profilo Anobii di un altro blogger a proposito di un romanzo dal titolo "Q". Non ho idea di cosa parli e non lo voglio sapere, mi intriga. Sul database identifico lo scaffale e cerco la B di Blissett. Eccolo. Il tempo di tre respiri e sono al banco della registrazione.
La donna seduta dietro al banco aspetta che io tiri fuori dal portafogli la mia tessera bibliotecaria. Non mi guarda e non parla. Meccanicamente registra tutti i libri per il prestito mentre la osservo, senza nascondermi mentre lo faccio. Porta occhiali dalla pesante montatura colorata, i capelli tinti di biondo medio che mal si accordano con la sua carnagione abbronzata, da lampade, direi, vista la stagione. Il rossetto fucsia ciclamino è reso più violento ancora dalla chewing-gum che mastica a bocca aperta. Mi domando quale allineamento cosmico l'abbia condotta a lavorare in una biblioteca. Poggia i libri con malagrazia sul bancone e senza dare segno di avermi notata si gira a chiacchierare con un collega dietro di lei, mentre il mio pensiero torna, per un attimo, ad un cassiere gentile di supermercato.